La principale discriminante per giudicare un’intervista legittima, in seno al diritto di manifestazione del pensiero, è l’interesse pubblico nei confronti delle opinioni o dichiarazioni dell’intervistato.
E’ utile in questo caso definire un po’ meglio il concetto di interesse pubblico: non è sufficiente la mera curiosità del pubblico per far si che un fatto si definisca di interesse pubblico, ma è necessario che esso concorra alla formazione di un’opinione pubblica corretta.
Inoltre l’intervista deve contenere profili di interesse pubblico all’informazione, che vadano al di là della posizione soggettiva dell’intervistato.
La notorietà dell’intervistato è in ogni caso una discriminante nella valutazione dell’interesse pubblico del fatto, ma meno rilevante rispetto all’effettivo interesse di ciò che ha dichiarato.
Premesso ciò sussistono delle differenze sulla responsabilità dell’intervistatore e sulla responsabilità dell’intervistato.
La discriminante per valutare il mero esercizio, o meno, del diritto di cronaca, da parte dell’intervistato, è l’effettivo grado di rilevanza pubblica dell’evento/dichiarazione, attraverso la verifica che il giornalista si sia limitato a riferire l’evento, piuttosto che a trasformarlo in strumento della diffamazione.
Le discriminanti per valutare la veridicità di quanto dichiarato dall’intervistato coincidono con le discriminanti per la valutazione dell’esercizio del diritto di cronaca.